Ordito d'amore, leggiadro deserto,
cremisi stivali accesi viventi
che ti sfiorano,
fortunata,
eccelsa Veste, dorata finissima
come le sue sovracciglia nere, concedimi
del sacro segreto l'emanazione; innanzi
ai suoi occhi come un infante ‘l sole piange:
dopo la morte degli Dei
Lei sola vive.
Beffeggio al declino; libera, mira
i liberi petali e in una morte de la natura
fragili per un poter sotteraneo, dissonanti
a Dei, che questi necessari li rese la ragione,
non difetta la lor possanza;
tuttavia invoca, come il sogno
un ricordo, il pensiero un mondo,
il sonno un tempo,
la necessità de la sua bellezza
la Dea libertà.
I pensieri, gelidi cadaveri,
non han valore, è lo sguardo
a donargli l’aurora; e quando
declina l'arditezza vana
di conchiudere il vero, altro
più elevato, una dorata veste,
mostrasi al tramonto del pensiero;
ben conosci e senti di essere oltre ‘l mondo,
compiacente d'esser l'eletta al creato tutto.
Dorata Veste, da lei inscindibile
come 'l sole e lo splendere,
come Narciso e la fonte,
simboleggi, col tuo velare
e svelare, l'arditezza dell'alta fantasia;
immaginazione che copre,
come un velo splendido tessuto
prima dei tempi, la verità ultima,
il cui sangue è 'l sogno,
ed il suo nome: Bellezza.
Sacra Veste, che la sostieni, dal globo
allontanala; concedi che conosca
io per quale ragione le ere cadano,
e cadano i pensieri loro l'un all'altro
fra l'odio come forze primordiali,
cadano i nostri nomi, ma la bellezza,
l'unico pensiero prettamente abissale,
rimanga accerchiato fra labbra
dal sangue sigillato, imperituro,
nel suo sorriso.
di Giancarlo Petrella,
tratto da "La Morte del Tempo - Cortese Memorie di un Sogno"
Proprietà letteraria riservata©
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