Questi occhi sembran, mirando, in
eterno
a dar amore pronti: pare[1] dicano[2]
la ragione del ché a la loro amica[3]
cedere non è dato[4] a
una vil sorte,[5]
de le crudeli,[6] il
ghigno, ∨[7] ore assorte[8]
a smembrar Giovinezza, rosea antica
Dea;[9] in questi
occhi, risanasi l’Eterno.[10]
All’infinito rendono[11] una
culla;[12]
come a la spene il proprio grembo,
l’anima
pacata e dolce, l’usignolo (vani
pensieri) dona;[13] ah! giovinezza,
triste
parola, fedeltà eppur in te[14] esiste;
del mare i resti e della terra i cani
infernal rendono immonda la culla.[15]
Ho costituito questa composizione conservando del sonetto la divisione in due parti e la presenza di quattordici versi. Ogni parte è rimata seguendo questo schema: ABBCCBA; nel primo e l’ultimo verso v’è una parola-rima, nel secondo una sdrucciola come rima mascherata con l’ultima parola del verso. I troncamenti che ho posto li ho desunti dall’uso settecentesco; mentre il sonetto, da un punto di vista squisitamente metrico, non si esprime come totale rivoluzione.
L'Autore
[1] Ritengo che questo pare si
ricolleghi all’idea di distruzione che pervade il canto; ovvero pur data la
distruzione delle cose, gli occhi riescono a dar amore, ciò sembra, in
eterno, dacché, interpretando i due punti quale inizio di una concessiva,
essi spiegano come la fanciulla non cadrà nell’oblio (così ho interpretato vil
sorte). Ndc
[2] Termine colloquiale, che in questo contesto acquista
dei connotati prettamente lirici. Ndc
[3] Rima mascherata (dicano, amica) che
lega i due versi in quanto non crea alcuna divisione ritmica, la piccola
percezione della somiglianza fonetica li avvicina sensibilmente, senza
interrompere la fluidità.
[4] Il darsi delle cose è ciò che definiamo fato.
[5] Smembramento quasi totale dell’ordine sintattico
della frase. Ndc
[6] Durezza delle immagini, sicché durezza dei suoni (crudeli, ghigno etc.).
[7] Nel testo vengono meticolosamente segnalate le
dialefe. Ndc
[8] Il suono, inteso come andamento fonetico, fornisce i
silenzi adeguati al pensiero: Questi occhi sembran, mirando, in eterno e
alla recitazione: de le crudeli, il ghigno, ∨ ore assorte ovvero la virgola non fornisce pause, ma le ricorda.
Il ritmo non è dato da schemi sillabici prefissati, ma dall’alternanza di suoni
(anche le allitterazioni formano alternanze); perciò riusciamo pur a
distinguere versi in endecasillabi d’un buon versificatore, da quelli
stomachevoli. La scelta delle parole non si riduce esclusivamente a questioni
lessicali, benché tutta l’importanza del lessico è fuori discussione.
[9] La Giovinezza viene definita rosea antica Dea. Ndc
[10] L’apparenza diviene realtà: non solo gli occhi danno
amore e spiegano l’immortalità della fanciulla, ma in essi risanasi
l’eterno. Ndc
[11] Centralità dei verbi donare e rendere. Ndc
[12] Dall’infinità temporale a quella spaziale; lì la
distruzione, qui la malinconia è l’elemento distintivo. Ndc
[13] Se nella prima parte l’ordine sintattico invertito
“sfida” il tempo, ritengo che qui la rottura del periodo rappresenti uno
“scontro” con lo spazio. Ndc
[14] La solennità del componimento vien data anche
dall’impiego di termini aulici e inusuali, quali spene e fideltate. Ndc
[15] Figura indicante il divenire. Ndc
di Giancarlo Petrella,
tratto da "La Morte del Tempo - Art Nouveau"
Proprietà letteraria riservata©
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