Quali fuggevoli acque da una mano,
che vaso mal gradito si rivela,
fugge così il pensere e con ei ‘l tempo;
fugge come le dita fra i capelli
quando ti pettini: fluisce e par ritmo
sussurrato da un sospiro nascente
dalle viscere della terra buie.
Il Dimonio in un sogno apparve a Tàrtini,
sospirandogli suon' più bei del cielo,
dacché i folletti senton più degl’angeli
il verso, il ritmo. Le ricchezze date
terrene in dono il divino placarono,
per atto umile l'ignoto rendendo,
perciò sfiora l’arpa e l'altro tralascia!
Fiamme infernali avvolsero la misera
terra, dalla terra profonda emerse;
pianti laceravano gli infernali
Dei quando l’Etna sconsolava il mare:
uno strido; quel suono è poco al dolce
arpeggio donato dal tuo talento;
a noi il palpitar, il vano lamento.
Gli affanni sono maschere, illusioni,
se fossero un io attuale vi sarebbe
e non mutevole; nel palpitare
cerchiam rifugio, un essere non dato:
muta come musica; ma il desïo
si muove e nel suo talento rimane
unico, come colèi che si ama.
di Giancarlo Petrella,
tratto da "La Morte del Tempo - Art Nouveau”
Proprietà letteraria riservata©
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