Con qual diritto si è felici? Ovunque
spaziano liberi dolore e morte.
Eppur il verde col rosa si mesce:
tanto odiato l’oblio di tregua un attimo
reca, degli enti tralasciando il termine.
Nessun colpevole d’essere al mondo,
pur infelicità rechiamo senza
saper d’essere.
Nel sogno apparve a Tartini un demonio
sospirando suon più bello del cielo,
dacché i folletti pur sentono il verso,
forse lo stesso demone vesevo;
fiamme infernali avvolsero la misera
terra che dal profondo ventre emersero;
urla, silenzi orrendi e polve ovunque.
Le ricchezze terrene date in dono
placarono il Divino, per l’atto umile,
il suono sigillando; terrore, estasi
così continua ad essere felice.
Quali fuggevoli acque da una mano,
che vaso mal gradito si rivela,
fugge così il pensere e con ei il tempo
e quel barlume che parve infinito.
di Giancarlo Petrella,
tratto da "La Morte del Tempo - Cortese Memorie di un Sogno"
Proprietà letteraria riservata©
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